Un bel pezzo di Giancarlo Tramutoli oggi su Nazione Indiana, che mi ricorda me stesso nei miei tempi di bancario. Lo riporto integralmente, proprio per ricordarmi di rileggerlo. Giancarlo (poeta lucano, ormai abituale frequentatore di queste pagine) non se ne avrà a male, credo.
“E pensare che in banca ci sono entrato vincendo un concorso da stenotipista. Una specie di stenografo elettronico. Che utilizza un pianofortino tipo Bontempi e prende accordi e acchiappa parole che poi te le metti a posto sul computer dove le hai sparate. Io che già da dieci anni scrivevo poesie. E come tutti quelli della mia generazione, sono stato massacrato dalla canzone di Venditti, quella che dice: Compagno di scuola ti sei salvato o sei finito in banca anche tu? Mentre qualche anno dopo ci si è messo pure Gino Paoli con Eravamo quattro amici al bar, che poi è vero che al bar questi parlavano di cambiare il mondo e che alla fine resta lui solo, l’anarchico poeta rivoluzionario nullafacente che uno pensa: «Ma ‘ste consumazioni come se le pagava?». Perché d’accordo che bisogna cambiare il mondo, ma quando ti fai una birra prima o poi qualcuno, anche se c’è stata la rivoluzione, il conto te lo porta.
Nel mio piccolo, dal mio privilegiato punto d’osservazione – lo sportello – ci provo “a cambiare il mondo” con approcci individuali, dando, se sono in vena, il buon esempio. Perché, come dico io, nel mio lavoro sono uno che conta. Che se ai clienti gli dai i soldi con un sorriso, una battuta e un po’ di gentilezza, quelli vanno via contenti. Che è brutto farsi sorprendere con l’aria scazzata da frustrato. Che se non hai sfondato nel campo della letteratura, i clienti, non ne hanno la minima colpa. Che forse, semplicemente, scrivi delle cagate mostruose. Che c’è sempre pure questo, di caso.
E allora meglio ridere e scherzare, se ti viene, che poi ti scelgono, che preferiscono una fila più lunga per venire da te. Che sono soddisfazioni pure queste. Quando t’incontrano per strada – e in una città piccola come la mia prima o poi li incontri di sicuro – è bello che non pensino di te cose del tipo: «Guarda quel brutto stronzo sempre incazzato che se la piglia col mondo circostante solo perché fa un lavoro che non gli piace».
C’è solo un problema. Che tutta questa affezione mi fa lavorare il doppio. Che penso che c’aveva proprio ragione quello lì che disse che ognuno uccide ciò che ama. Che a me tutti ‘sti clienti affezionati ogni giorno mi fanno tornare a casa sempre più stremato. Che alla fine, quando da una cassa sarò passato all’altra, manco più si ricorderanno che io ero una specie di prigioniero politico, un dissociato, uno che scriveva poesie. Diranno semplicemente: «Ti ricordi quel cassiere simpatico? Be’, è morto. Peccato. Era il più veloce».”
E comunque, di Giancarlo, riparleremo presto.
Technorati Tags: bancari, Giancarlo Tramutoli