Un blog

Stanotte mi son svegliato e ho pensato, sarebbe bello avere un blog. Poi mi son ricordato che ne ho uno, e allora mi son detto, adesso ci scrivo, che son tipo tre anni, che non ci scrivo. E il post che ho scritto tre anni fa non era poi mica così bello. Però neanche questo non è che.

Sex toy

Ieri sera ero lì che mi lavavo i denti con lo spazzolino elettrico e mi è venuta una di quelle idee che potrebbero svoltarti la vita, ho pensato, mi dicevo ma non sarebbe utile realizzare un sex toy, adesso si chiamano così, per donne – io l’ho immaginato per donne ma poi ci pensiamo meglio – dicevo, un sex toy che si innesti al posto della testina dello spazzolino elettrico? Una cosa discreta, una cosa in meno da portare in giro, ho pensato: che idea fantastica. Ma niente, esiste già.

Come neanche Sky

Ieri sera mi arriva la mail del New York Times che mi dice che dal 23, anniversario del mio abbonamento, il costo aumenta dal mio 0,5$ a settimana al costo normale di 2$ a settimana, e che se voglio cancellare devo andare a un certo link. Vado a quel link, clicco Cancel my subscription, ma non basta, non è che te ne puoi andar via così, Bonino, mica è Sky che la disdici così facilmente: devi per forza chattare o telefonare al servizio clienti internazionale per proseguire. Allora chatto, e niente, pur di tenermi mi chiedono, se magari, se per caso mi fan lo stesso prezzo di prima, mi va di rimanere con loro invece di passare a Vodafone.

Io e il COVID

Io non so, mi diceva Serena, come hai fatto a prenderti il COVID tu, tu che tutte le volte che non eri da solo ti mettevi la mascherina, tu che non ti sei mai e mai avvicinato ad altri senza mascherina, tu che ti lavi le mani tipo cinquanta volte al giorno, io non so, mi diceva Serena; ma io lo so, io lo so come ho fatto a prendere il COVID, io so il giorno, l’ora, il luogo e l’occasione in cui ho preso il COVID, ed è stata l’unica occasione in cui ho mangiato in pubblico negli ultimi mesi, e avrò tolto la mascherina per un quarto d’ora, e così i commensali, e tac, dopo 5 giorni, ero in macchina, mi telefona uno dei commensali e mi dice Son positivo. Io giro la macchina, stavo andando in ufficio, faccio inversione a U e torno a casa. Avevo una tosse strana dalla sera prima.

Mangiare in pubblico, porco cane. Il 2020 ce l’ha insegnato, che mangiare in pubblico è come fare una gara di sputi col destino, porco cane.

Poi dopo la febbre, la schiena, il mal di testa, le gambe dure, la nebbia, il tampone al drive-in (bello il tampone, non pensavo, dicevano che dava fastidio, a me è sembrato un solletico in quei posti che non sai neanche di avere, un solletico al cervello, da dentro) (surreale ma bello, si diceva).

E adesso che tutti questi sintomi son passati lo posso dire: da quando ho preso il COVID ho il naso pulito, non ho avuto bisogno di soffiarmelo, non ho muco, respiro come se avessi appena mangiato una Fisherman, e non solo, da quando ho preso il COVID non ho avuto bisogno neanche una volta di usare il Ventolin, mio compagno di vita da 30 anni.

Io non so, ma se dovessi valutare solo questo sintomo, che continua anche dopo che il COVID se ne è apparentemente andato, io questo COVID, quasi quasi, me lo terrei. Anche adesso boh, mi sembra di star meglio dopo il COVID che prima del COVID. Come se il COVID mi avesse aggiustato. Io ero rotto, e mi ha aggiustato.

Te lo dico, caro virus, ho capito cosa stavi facendo, stavi, come tutti, cercando l’anima gemella, povero ragazzo, e hai fatto con i mezzi che hai, certo; sei piccolo e hai un’arma sola, sai fare solo quello, io ti capisco, ma ora puoi smettere, puoi smettere di far male alla gente, puoi fermarti, ora mi hai trovato, fermati qui e possiamo stare insieme per sempre.

Che poi son contento di aver preso il COVID ancora nel 2020, perché poi dopo nel 2021 m’han detto che diventa una cosa un po’ passé.

Colecisti

Quando dici cistifellea, loro dicono colecisti. Fai una domanda, Ma allora la cistifellea? E loro, Eh guardi la colecisti…
Hanno cambiato le parole. Quando ho studiato io la cistifellea si chiamava cistifellea, poi dopo a un certo punto zitti zitti hanno cambiato la parola, e quando dici cistifellea tutti dicono colecisti. Non mi piace. A parte il fatto che potevano dirlo sui giornali, che ne so, Giubilate genti! dal primo gennaio duemilauno la cistifellea si chiamerà colecisti! ma poi mi sembra una parola brutta, colecisti.
La sera di Pasqua sentivo un dolore forte, e non passava, e alle tre del mattino sono andato al pronto soccorso. Pasqua era di domenica, e sono tornato di venerdì. Deve c’entrare con quella cosa della risurrezione, solo che son partito in ritardo, e ci ho messo di più. Son tornato senza cistifellea, mi hanno detto che era davvero brutta con sassolini e fango dentro. Non era più neanche una cistifellea, sembrava più una colecisti.

Plot twist

L’altra sera ero lì che parlavo con Luciano Canfora, o meglio, ascoltavo parlare Luciano Canfora, io gli rispondevo anche ma lui niente, comunque ascoltavo Luciano Canfora, era un podcast di venti puntate che parlava della vita di Giulio Cesare che aveva fatto per la Rai, interessantissimo, son cose che conosco (grossomodo) ma mi son reso conto che ascoltandolo io tutto il tempo speravo sinceramente che stavolta Giulio Cesare non morisse.

Tu pensa se quest’anno succede che al venerdì santo Gesù Cristo non muore. 

Boris

Il mio cane si chiama Boris, lo sanno tutti ma lo dico, che visto che è un po’ che non scrivevo magari la gente se ne è dimenticata, ma comunque, il mio cane Boris, che è un cane buonissimo e tenerissimo e se fosse per lui starebbe tutto il giorno a leccarmi il naso, quando preparo l’immondizia per portarla giù, due volte la settimana, per la raccolta porta a porta, lui si agita moltissimo, comincia a mugolare, e poi dopo un po’ non tiene più l’ansia, e si mette ad abbaiare. Mi ricorda un po’ il primo racconto pubblicato di Philip K. Dick, che si chiama Roog, che si trova nella raccolta Le presenze invisibili vol. 1, che è un racconto scritto dal punto di vista di un cane che vede che i suoi padroni le cose più buone e profumate che ci son in casa le mettono dentro dei tabernacoli, e poi ogni tanto arrivano degli alieni e raccolgono questi tabernacoli e si portano via i preziosissimi doni che i padroni ci han messo dentro, e lui si arrabbia moltissimo contro questi alieni, gli abbaia, insegue la loro navicella, vorrebbe lottare contro questi tizi che pare che pretendano come obolo dai suoi padroni quelle prelibatezze che più buone in casa non ci sono. Poi dopo si capisce che questi alieni non son veramente alieni, porca miseria sto raccontando il finale anche qui, ma son gli uomini che raccolgono la spazzatura, e che fanno il loro lavoro, povere stelle. E niente, il mio cane ha preso questo comportamento qui, non so come mai, ma sarà per il fatto che il cane del racconto di Dick si chiama Boris, ed è una delle ragioni per cui lo abbiamo chiamato Boris. 

Requiem

Ieri sera una mia amica, Marta si chiama, ha chiesto se preferivamo il Requiem di Mozart o quello di Verdi, e a me m’è venuto in mente che il film di Mozart l’ho visto mentre quello di Verdi no, quindi è un po’ un confronto impari, perché il film di Mozart era bello, e si vedeva che Mozart stava scrivendo il Requiem mentre moriva, e la potenza della musica cresceva mentre lui moriva sempre di più. Che poi non so se ha senso morire un pochino poi un po’ di più poi un po’ di più, cioè, uno o muore o non muore, non è che si muore a metà. In ogni caso poi lui muore. Oddio forse se qualcuno non l’ha visto forse gli ho appena rovinato il film (scusate). Comunque capisci che se Verdi non muore scrivendolo non è che può avere lo stesso pathos di quello di Mozart, non è che uno può scrivere un requiem in una Jacuzzi piena di belle fie, cioè ci va il contesto, se uno scrive un requiem mentre muore come fai a batterlo, scrivere un requiem mentre muori è la coolness fatta persona. Comunque Verdi poi dopo è morto anche lui.

Tra l’altro mia moglie una volta mi ha portato a vedere Die Entführung aus dem Serail, K 384, di Mozart, che è un’opera in tre atti in tedesco, lingua della quale non so niente salvo la parola Schadenfreude