Mi dici Guarda qua come mi ha fatto i capelli quell’ignorante del parrucchiere sembro uno spinone, sembro sempre spettinata con tutti i soldi che gli ho lasciato
Io ti rispondo che quando ho visto queste piastrelle qua della cucina mi son sembrate una cavolata perché sembravan sporche anche da pulite e invece guardami adesso come son contento non le pulisco mai sembran pulite anche da sporche
🙂
… allora sono metadentro e metafora
uhm… quindi vuoi dire che a volte è un bene sembrare uno spinone?
intendi dire che sei pelato per non doverti lavare i capelli?
sicuramente lei ti ha graziato se sei ancora qui a scrivere 😀
figo! che mattonelle sono?
Voglio quelle mattonelle
bene, abbiam capito che quel parrucchiere lì ha anche inventato le mattonelle che sembran sporche
Stai parlando di mia madre e della mia cucina O_O
nella vita spesso quello che vogliamo non va come dovrebbe
allora fatichiamo e fatichiamo a costo di negare la nostra felicità per ottenerlo, quando probabilmente basterebbe stare un solo un po’ più calmi e andare lenti, e tutto sembrerebbe più leggero
Eh?
E lei non ti ha picchiata con le piastrelle del bagno avanzate?
Fantastico, come la nostra cucina!
Noti che il pavimento era sporco solo quando ci passi sopra con lo straccio! O_O
vabè!
siamo nel pieno della filosofia dell’adattamento, eh?
Me sono un uomo fortunato. Ho giocata una quaterna, nemmeno tanto, poi sarà quel che ha da essere. Una mattina mi destai con un pensiero fisso, contro cui i colpi di maglio servono a nulla. Se il corpo è nudo, e l’anima è piena, resisterai. Uscii fuori. C’era odore di ferri del mestiere. Di fuoco soffiato. E scintille che volavano nell’aria. E di ferro tagliato, saldato. E di umidità. Dall’’altro lato l’uomo con la mascherina di fazzoletto cromava i suoi pezzi da vendere per letti, lampadari e carrellini. E beveva latte. C’era il sole, luce e aria densa. E lo spartiacque di una porta. M’inoltrai nei vicoli stretti, lunghi e bui. Il sole entrava nei pertugi. Vidi lei non appena girai l’angolo.
– Vuoi conoscermi? – mi chiese.
– Si – le risposi.
– Io sono metafora – concluse.
In una metafora prima guardo gli occhi, lo sguardo e la lungimiranza. Poi la morbidezza, il piumaggio e l’apertura delle ali. Lo smuovere del’aria. Le increspature dell’acqua marina e dell’anima e il precipitare dei fiumi. Il vento che soffia. Che infila le sue dita nei capelli.
Conoscendo le ciliegie e poco metafora, dico che devo nutrirmi di loro due. Delle figure retoriche, una sorta di belle statuine, quelle che mi hanno colpito molto, sono quelle silenziose. Hanno visi angelici e fissi che spurgano sangue vivo.
Un giorno mi raccontarono una metafora sulla mia…
Quando parlo della mia…, l’uso dell’aggettivo possessivo mi è difficile. Mica perché non la sento mia, anzi, lei è mia. Perdutamente. Nei respiri. Nell’aere. Nel fango. Lei è mia, ma non mia perché l’ho deflorata, o mia perché sposa acquisita. Anzi, più è mia perché di mia proprietà più lo è lontanamente. Più lei è lontana, perché irrecuperabile e tragica, più lei è in quei fondali di abisso, più lei è solo mia. Di una materia sognante. Abbandonata. Scorre nelle mie vene. E’ cellula su cellula del mio corpo. Anzi, l’amo. E visceralmente la misi a ferro e a fuoco. Ero amante perso nell’amore. Sorrise, e mi sfiorò la bocca. E così ho ascoltato metafora che diceva: Quando ci tocchiamo, il nostro, per essere vivo, duraturo ed eterno, è il non amore. Quando sogni, per realizzarne di più belli, sogna il peggio. E, avvelenati. Quando stai volando, precipita e schiantati da settemila metri, che i tuoi resti saranno comunità. Quando ridi ricordati di piangere. Quando esci di casa pensa che non ci tornerai più. Che la meglio metafora, la più grande metafora in assoluto sei tu. Chiamai a raccolta duemila donne e dopo che parlammo e parlammo e alla fine dicemmo: La metafora dell’intera vita sei tu. Perché tu sei un avvallamento, una collina, una caverna, un cunicolo, un torrente, una sfera, un tornante, una pianta di rose e spine, un animale autentico, una mensola levigata, una strada accidentata, la luna con e senza stelle. Ma innanzitutto tu sei un secretaire pieno di segreti che vibrano. Tu sei piena di cassetti, cassettoni e altri cassetti. E ancora cassetti, cassettini e altri più piccoli in cui c’è sempre il pieno e il vuoto e la metà di ogni cosa. Per quanto pensiamo e crediamo di sapere i tuoi segreti, siamo sempre lontano dal conoscerti. Sei una miniera di dettagli che insieme fanno la polpa della vita. Oltre che la vita stessa. E ti defili. Perduta.
@transit
E’ un vero peccato che tu non abbia ancora un sito tutto tuo. E’ così bello leggere le tue composizioni: Mi danno serenità e mi sento rilassato. Anche se non capisco tutto, proprio tutto, mi aiutano a vincere la mia ignoranza sulla completezza del mondo. Anche se spesso non riesco ad arrivare alla fine perchè nel rilassarmi mi addormento. Belle composizioni, grazie.
gliel’ho già proposto anch’io, ma ha fatto orecchie da mercante 🙂
Ah, una cosa che devo dire a Laia: ascolta me, se passi lo straccio poi guasti l’uniformità del tutto. La regola è NON PASSARLO MAI.
ammazza che poeta! se mi dai l’indirizzo ti iscrivo al premio romanticismo ‘che ti arriva il premio a casa: abbonamento annuale a Eva 3000!
Ueh maeandro e ueh Alessandro se voi continuate con i complimenti mi fate girare la testa; mi fate mettere scuorno(vergogna:anche se devo dire di una vergogna bella). Mae più che un sito, visto che ti faccio addurmire, da buon mercante(orecchie da mercante)sto pensando di mettere su un negozio di camomille, tisane e compagnia dei dormiglioni. Il negozio si chiamerà: Ronf ronf o della ronferia. Grazie a voi.
Che meraviglia!
Stavo cercando Pessoa…
un bacio