Piove.
Piove, il cielo è scuro, sei in ufficio, alla scrivania color legno (non proprio di legno, eh, ma non sottilizziamo) che guardi dai finestroni che fuori piove, sei lì, illuminato da una lampada da tavolo fioca come una candela che scrivi con la stilografica con l’inchiostro seppia su carta da pacchi beige (dicon sia marrone, ma è beige lo stesso, con qualsiasi occhi la si guardi), ogni tanto guardi fuori, passan le automobili con i fari accesi, ti aspetteresti che passasse un cocchio, e invece passan le automobili coi fari accesi, vedi le vedove che ritornan dal mercato, con i loro capelli biondi, neri, o violetti, che chiacchierano sorridendo con le loro amiche, vedove anche loro, e tutte con un vaso di crisantemi in mano per i loro mariti, morti chissà come, chissà quanto tempo fa.

Ti sembra di esser tornato indietro nel tempo, immagini le vedove che a casa avranno la foto del marito in un angolino dove c’è una lampada sempre accesa, magari vicino a una gondola nera e oro che quando la accendi fa le lucine e suona la musichetta.

In tutto questo, stamattina ho avuto il primo kernel panic* della mia vita.

(e naturalmente, questo post qua non è altro che una infelice riscrittura di quello che avevo appena scritto quando il computer mi ha chiesto cortesemente di premere il tasto di accensione per qualche secondo per consentirgli il riavvio)