un blog che parla di niente

Ma a chi parla tutta questa gente?

Ci sono momenti in cui si ha qualcosa da dire a qualcuno, che ci farebbe piacere dire, che qualche volta addirittura sentiamo il bisogno di dire. E ci accorgiamo che nessuno vuol ascoltare nessuno. Ma forse sto esagerando, no, non è proprio che nessuno ha voglia d’ascoltare, semplicemente uno non ha tempo (ormai non si ha più tempo per niente) o ha ben altro per la testa o non è il momento giusto o sta cercando anche lui qualcuno a cui dire qualcosa. Forse, in questo caso, è anche una questione di ritegno: alla fine incontri la persona che saprebbe ascoltarti, ma senti che, altro che qualcosa, gli dovresti dire tutto, e non t’arrischi e non gli dici niente. Oppure, credi d’aver trovato la persona, stai parlando, e ti rendi conto che quello ti sente, ma non ti ascolta. E non è che faccia la commedia, ascoltare è difficile, ascoltare è sempre un po’ diventare l’altro, e uno si difende, d’istinto. O, anche, hai trovato uno che ti ascolta, bene, parli, parli, ma, come a tradimento, ti viene un pensiero velenoso: quanto dureranno i tuoi guai nei suoi pensieri? dopo tanto parlare, quanto durerai tu per lui? in lui? cinque, dieci minuti? un quarto d’ora? Forse è anche una questione di pudore: si va a cena con amici, si mangia e si beve e si ride, si attacca un filetto ai funghi e si loda un indimenticabile brasato al barolo, si parla di viaggi, di persone, di politica, di amori, poi si saluta e ognuno torna a casa a ripensare alla solitudine e all’angoscia del vivere. È quello che fanno i tre personaggi di Carta Canta, Zitti tutti! e In fondo a destra. […] Tutti e tre non sanno a chi dire le loro cose, e comunque le dicono: a qualcuno che non c’è, allo specchio, a vanvera. E rischiano di far ridere. Ma in fondo chi l’ha detto che della disperazione si può solo piangere?

(Sabato, sono stato a Reggio Emilia. Tra le altre cose, sabato, c’era un incontro della rassegna Come se i libri eran motori (e chi li leggeva era un meccanico), e c’era Giuseppe Bellosi, il traduttore italiano del libro La fondazione* di Raffaello Baldini. Baldini scriveva in dialetto Santarcangiolese, un dialetto romagnolo che dicono piuttosto diverso dai dialetti circostanti, e poi le traduceva da solo in italiano. Solo che La fondazione, non ce l’ha più fatta a tradurla, perché è morto, e quando Einaudi l’ha pubblicata in volume, l’ha tradotta Giuseppe Bellosi, che era lì, e ne ha recitati dei pezzi. È stata una cosa veramente bellissima, io La fondazione l’ho letta più volte, ma sentirla recitata, mezza in dialetto mezza in italiano, è un’altra cosa. Completamente. È un monologo, come le altre opere teatrali di Baldini, e durante l’incontro, qualcuno ha chiesto a Bellosi, Ma a chi parla, questa gente? A me è sembrato che questo pezzo qui sopra, tratto dall’introduzione di Baldini al volumetto in cui sono raccolti Carta Canta, Zitti tutti! e In fondo a destra*, rispondesse alla domanda, e magari non solo a questa.)

14 Comments

  1. Laura

    (bellissimo sì!)

  2. mastrangelina

    bravo, ci sono cose verissime scritte qui

  3. baotzebao

    Beh, tanto esattamente dolorosa da rifulgere per bellezza.

    E applicabile, quasi come l’ombra alla figura, ai discorsi fra sordi ( finti e veri ) , sempreparlanti ( dunque maiascoltanti ) e loro versioni mini che affollano la scena e coprono di rumori il silenzio che è precondizione per la comunicazione retta. E anche nei rapporti individuali, intimi o virtuali. In and out la Rete.

    Merita un silenzioso e grato riconoscimento, un tentativo almeno di farsi ombra e non figura, monologante quanto inascoltabile davvero ?

    Comunque grazie a chi l’ha scritto, a chi c’era e a chi ha fatto esserci anche quelli che non c’erano.

    Fumerò un Robusto, sorseggierò un Tandy alla vostra salute.

    Ora

  4. Franco

    E allora me lo devo leggere, basta che ci sta la traduzione che senno’ poi io non ci capisco niente e mi tocca trovare qualcuno che me lo traduce… Ah! che stupido c’è il google traduttore:)

  5. cristiano

    “Scrivo in dialetto perchè certe cose accadono solo in dialetto” (risposta di Baldini a chi lo accusava di scrivere troppo in romagnolo e non abbastanza in italiano.)
    E Bellosi?
    Bellosi è uno che quando lo incontri, sei contento, anche se non lo conosci.

  6. msspoah

    Zio Bonino ascoltava, no?

  7. Alessandro

    Io in effetti son uno che ascolta abbastanza. Però dopo ci faccio un post.

  8. msspoah

    Però?

  9. Alessandro

    Eh, ascoltare ascolto, ma se poi di quello che ho ascoltato ci faccio un post non so se fa sempre piacere.

  10. YSOR

    Centrato!

  11. ms

    Sempre, mai, tutti, nessuno… mi sa che si possono cesellare per farci della filosofia che serve come le sorprese nelle uova di pasqua, ma non ci si costruisce la vita intorno. Ecco, filosofia spicciola 🙂

  12. Raffaella

    Nel giorno del mio compleanno è bellissimo leggere questo post e io leggo anche gli altri. Grazie.

  13. kutavness

    Bellosi è un mio compaesano! Lo conosco bene! E’ il responsabile della biblioteca del mio paese, una delle più fornite e apprezzate a livello locale, anche grazie a lui. E’ una delle menti più brillanti di Fusignano dai tempi di Arcangelo Corelli. E ha un paio d’occhiali che è qualcosa di epico.

  14. Simona

    Grazie. Un post bellissimo e tanto vero (purtroppo).
    Simona, Siena

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