lo dice gianni celati che nello “Zibaldone” la sintassi non ha niente di classico, perché non è ipotattica né paratattica. Mancano le subordinate, ma mancano anche i tagli paratattici delle frasi. Il fraseggio si sviluppa per aggiunzioni continue di frasi appese e scandite da virgole, archi di frasi con ritorni all’indietro, ripetizioni avvolgenti, e un andamento aperto che spesso si perde in un “eccetera”. Questo è il modo di articolare il fraseggio di chi pensa scrivendo: non mette in prosa blocchi di pensiero già pronti, ma insegue idee che si sviluppano man mano nel flusso delle parole. Così si produce una mobilità che può espandersi in ogni direzione, inseguendo la sorpresa del dire qualcosa che fino ad allora non si pensava. È questo che chiamo la linea leopardiana della prosa: mai linea retta, linea sempre erratica e frammentaria, mobile e sospesa.
direi che ho trovato il fondamento teorico della mia prosa
cavoli se t’autorizzo. vengo persino a vedere il tuo blog. è bello, manifestarsi. 🙂
E io sono contento per te, devo ammettere che anch’io quando parlo seguo uno schema del genere, anche se ogni tanto mi impallo.
Ah, mi presento. Sono un lurker del tuo blog da un po’ di tempo, il cambio della piattaforma m’ha ispirato a manifestarmi. Ti caccerei volentieri anche fra i miei link, se solo mi autorizzi.
Ciao
ops scusa, io ti ho linkato dal primo giorno in cui ho aperto il blog, ma non ti ho chiesto il permesso…
hai fatto bene, prima o poi ti linco anch’io!
be’ allora grazie… :o)