un blog che parla di niente

Furgoncini

Io passo, vado in macchina, ogni tanto ci son i camioncini che vendono le arance, non mi fermo, ma le arance, magari portate fresche fresche appena colte dalla Sicilia, possono essere una cosa anche golosa, io lo capisco che uno magari passa, va in macchina, vede il camioncino delle arance rosse di Sicilia, gli fan gola, si ferma e ne compra una cassetta. Le arance son buone, poi c’è a chi piaccion di più, e c’è a chi piaccion di meno, ed è naturale, non siam mica tutti fatti alla stessa maniera, ci son quelli a cui piace il gorgonzola, io lo capisco, a me non piace non lo posso neanche guardare, ma lo capisco che esistano. Le arance son un altro discorso, le arance piaccion quasi a tutti, hanno poi anche un bel colore, le arance, è un colore che attira, quel bell’arancione vivo che io non so come si fa a rimanere indifferenti. Che poi peraltro l’arancione è anche il mio colore preferito, in assoluto: se io dovessi scegliere un colore tra tutti sarebbe l’arancione, se io avessi un solo colore per dipingere un’isola deserta, sarebbe l’arancione, un bell’arancione caldo e vivo e gioioso. Non c’è niente come l’arancione, io penso. E anche le arance, mi piace guardarle, forse mi piace più guardarle che mangiarle, le chiamano così, le arance, perché son arancioni, e non come si pensa, che il colore derivi dal frutto, ma viceversa, la bellezza del colore è incommensurabile rispetto alla bellezza del frutto, e se qualcuno sostiene il contrario, avrà anche ragione, ma secondo me sbaglia, cosa volete che vi dica. Comunque, dicevo, mi son perso, io a volte mi metto a parlar delle cose e poi mi perdo, capita, in ogni caso, volevo dire che è comprensibile che quei furgoncini delle arance esistano e che abbiano un mercato, non c’è problema, è anche auspicabile che esistano, ma a volte, quando passo, andando in macchina, mi capita di vedere dei furgoncini che vendono anfore. Non li capisco, i furgoncini che vendono anfore. Non immagino uno che passa di lì, che sta andando al lavoro, o al supermercato, vede il furgoncino delle anfore e improvvisamente gli vien voglia di un’anfora. “Dai, le anfore, che bello, ne ho sempre desiderata una.” Secondo me c’è qualcosa sotto.

16 Comments

  1. Heinz

    Se ti fermi, poi magari un giorno vedi che sono gli stessi, che vendono arance dentro alle anfore.

  2. Frator

    Trasporto di collettame! Così stava scritto sul telone di un furgoncino incrociato in un’area di servizio dell’A14 direzione Nord! Essendo un collezionista di parole nonché un accanito divoratore delle stesse questa, devo ammetterlo, ancora mi mancava per completare il mio album! Prendo un caffè e fuori dall’autogrill mi accendo una sigaretta prima di riprendere il viaggio. Un tipo mi passa accanto e a passi veloci si avvia in direzione di quel camioncino. La mia macchina è li vicino e decido di anticipare i tempi dello “sgranchiamento”. “Scusi signore” gli chiedo, con una faccia di tolla senza pari, “che cosa trasporta?” Lui mi guarda come fossi un marziano sbucato da chissà dove e dopo avermi preso le misure ed essersi assicurato che sono un tipo inoffensivo mi fa: “Colli!” Lì per lì sono rimasto un po’ sconcertato e il “cioè” era d’obbligo. “Arance, mandarini, olio, vino, formaggi, soppressate, tutta roba paesana che i paesani mandano al nord per i parenti”. Mi snocciolò questo lungo elenco di vettovaglie con un accento siciliano da far invidia a Camilleri poi, come dimostrazione pratica della sua attività, sollevò il telone posteriore del mezzo e sbucarono quelle meraviglie. Era stipato in ogni ordine di posto e la mescolanza di odori ti dava alla testa. “Ce n’è di roba” dissi. “Già, tutta “robba” di sudore, di fatica e di amore!” hai capito il poeta, pensai. Ci salutammo con calore e quando stavo per mettere in moto la macchina, lui si avvicinò con un sacchetto di arance. “Tenga, questo è per lei. Sono le “sanguinelle” della mia terra”. Cominciai a balbettare:”Come, perché, quanto le devo, prendiamoci qualcosa insieme…” Lui mi diede un colpetto sulla spalla,”Non è cosa di tutti i giorni trovare uno che s’interessa del lavoro altrui”. Volevo dirgli che il mio interesse iniziale era solo per quella strana parola marchiata sul telone ma non era il caso di rovinare quella magica atmosfera umana che si era insinuata in quell’anonimo piazzale della stazione di servizio!
    Giorni dopo, leggendo un libro di poesie di Giorgio Seferis, emerse un verso:”la poesia non immergerla nei platani profondi/nutrila di quella terra e di quella roccia che hai. Il resto/ scava sul posto per trovarlo”.
    Pensai al trasportatore di collettame, al suo carico di robba della terra e alle arance arancioni che erano in bella mostra al centro della tavola della mia cucina.

  3. cq

    Proprio qualche giorno fa che ero a Napoli per Pasqua ho visto un furgoncino che vendeva le cassette di 10 kg di arance a 3 euro e da noi vendono anche il pane che esibiscono dal portabagagli lasciando il portellone aperto: io penso sempre che non mi comprerei mai del cibo venduto così per strada in mezzo allo smog eppure secondo me quel pane deve essere buonissimo.

    Quando scrivi così è proprio quando ti preferisco e mi contagi subito.

  4. molengai

    grazie. stavo pensando in questi giorni la stessa cosa solo che in maniera molto meno poetica

  5. Hombre

    per arrivare al paese mio c’è uno slargo, prima di un distributore, c’è sempre un cristiano che vende qualcosa, mozzarelle, rose, arance, funghi, mele, cocomeri a seconda. anfore no, non ancora.
    solo che spesso son sole, sole con la o aperta.
    l’altro giorno è apparsa una bella scritta sul muro dello slargo, in spray bianco, “Angolo delle truffe”.

  6. antonio

    e quelli che vendono peluche di animali che non esistono ?

  7. lo scorfano

    Secondo me c’è qualcosa dentro (le anfore).

  8. signoradicampagna

    anni fa,solo alla domenica, su una piazzola vendevano nanetti da giardino. quasi sempre c’erano clienti.

  9. Transit Medina

    Per me, da quando sono nato, ah! mi scordavo di dire che mi chiamano Cocozziello, questo perchè tengo la capa comm’a nu cucuzziello;per me, dicevo, il colore arancio, non ci stanno ne santi nè madonne è il colore cocozza. A proposito ma la madonna nno è solo la madonna immacolata concezione? Infatti non ho mai capito la proliferazione delle madonne. Da qualche parte forse ci sta uno stampo per fare le madonne, le quali pur essendo di gesso o di marmo, piangono lacrime di sangue. Mannaggia, miracolo per miracolo non era meglio il miracolo di Gesù, però alla fine Salvatore è stato un pò tiratello di mano, che moltiplicò il pane e i pesci. Poi di questi tempi, non so se mi spiego. però adesso non ci pediamo per strada e jammo annanzo.

    Il colore cocozza, io, l’ho conosciuto in tre versioni.

    Versione da guaglione piccirillo.

    Quand’ero piccolo non avevo i pantaloni che noi qui, terra di asporto e di cd falsi ma falso è anche tutto il resto,compreso le mamme, infatti qui le mamme sono come le scimmie,perché anche quelle che non hanno avuto figli si attaccano ai figli delle altre scimmie che a volte sono gelosissime e a volte no perché le scimmie senza figli sono comunque una risorsa umana ed economica. Una volta questo tipo di socializzazione faceva parte dell’economia dei vicoli.

    Ma se è per questo anche un certo dito di pizza lo chiamiamo ‘o cazone. La pizza ‘o cazone viene servita fritta e al forno.

    Sono tutte e due buone.

    Almeno una volta a settimana da ‘e Figliole o Fiorenzano a Montesanto, poche centinaia di metri da piazza del Gesù, a dal ristorante pizzeria il 22 alla Pignasecca che sfocia in piazza Carità, te la devi mangiare.

    Ti schiatta il fegato, talmente è buona e saporita. Gli americani e i tedeschi quando vengono qui si fanno malamente proprio, nel senso del mangiare. I primi piatti di qui, per esempio i fagioli con la pasta mischiata con la cotena dentro e appena una punta di peperoncino fanno il bis e il tris a finitura del pranzo.

    Sopra la pizza fritta ti puoi bere un marsala oppure una birra.
    Dopo ti devono portare all’ospedale Cotugno, cioè quello delle malattie infettive che stà sulla collina dei Camaldoli.

    Si guarisce llà ‘ncopa a parte per le cure per l’epatite, ma per l’aria fine e salubre. Si va all’ospedale perchè si mangia assaje sapurito. Anche i cani, le cane e i cacciuttielli le crocchette non le vogliono: a loro piace il piatto cucinato e anche i maccheroni con la pummarola ‘ncoppa.

    Il mio cane Lello va pazzo per la pasta, mò tiene quattordici mesi, ma deve stare attento altrimenti fa una panza accussì che quando si mette i pantaloni gli esce tutt’o panzone fuori.

    Dopo che avete mangiato ‘o cazone, a donne e uomini, viene anche la voglia di appartarsi dietro ‘nu purtone o portoncino, e in piedi, avvolti nell’oscurità, farsi una chiandella giusto per sfogare, che vi fa sconocchiare nelle ginocchia per il fatidico mancamento finale. Mò non si usa più dire chiandella o sciammeria, ma fottere. Ma però fottere pare più che stai fregando o rubando un pò di calore umano, invece ca vulè bbene o niente meno ca fa ammore. Ma nun me piace nemmeno che tutti quanti si chiammano ammoare di qua e ammore di là e poi … si fottono, come per scambiarsi una merce la merce del sesso, la merce ‘e ll’ammore.

    Alla fine della sciammeria, perchè tutto si è svolto in piedi con la paura in corpo di essere scoperti dagli inquilini d’o palazziello, e l’arrapamiento addosso, uno/a si sente tutto così, come in preda all’estasi e allo svenimento. La gente che passa subito capisce e con un sorriso lieve negli occhi, sembra dire:
    Ve piace ‘o vino cu ‘a neve eh.

    Ah, ma nella pizza non c’era nè calis nè la pillola rosa per le femmine, ma solo vari ingredienti e anche una pizzicata di pepe.

    Io dappertutto dicevo Voglio i pantaloni.
    Finalmente ‘nu bellu juorno Mammazezzella mi dice:
    Tengo ‘na bella cosa pe’ tte.

    No, non era la bicicletta che desideravo quanto il pane, ma, straccita la carta in cui era avvolto, uscì fuori ‘nu cazone, sarebbe a dicere i pantaloni color cocozza. Erano nuovi, stirati e con al riga al centro delle due cosce e persino le pieghe giù.

    Io gurdavo lui e ‘o cazone guardava a mme. Dopo un attimo che mi pareva cint’anni che io pensavo che lui era il mio cazone, me lo misi addosso e subbito uscì per il vicolo e andai all’oratorio a farmi vedere con questo pantalone di colore cocozza che si vedeva anche dal polo nord. Pure quando vidi Vincenzina del primo piano
    la guardai in una maniera che le dissi tutto quel che avevo nel cuore, ma lei abitava al primo piano e continuai per la mia strada.

    Quando i miei amici mi videro mi guardavano di sopra e di sotto. Allora io dicetto: Vi piace il mio cazone color cocozza? E loro a schiattarsi dalle risate. E io dicetto: Ma che sfaccimmo tenete da ridere? Ridete nfaccia a stu cazzo e me ne andai. Mentre tornavo casa ‘nu criature cadde a terra e con lui il gelato di nocciola e cioccolta che stava mangiando. Nel rialzarlo con le sue mani di fango e gelato mi ‘nguacchiò il cazone. Mammazezzella subtito mi fece togliere il cazone e lo lavò a mano.

    Era una bella giornata di sole e poco dopo il cazone color cocozza era già bello … e asciutto. Però c’era qualcosa di strano. Mammazezzella lo tolse dal filo di spago su cui era steso e se lo rigirava tra le mani, cercando di stiracchiarlo di qua e di là: niente, si era ritirato a tal punto che non riuscivo nemmeno a infilarmelo. Mi prese una rabbia tale che presi le forbici e piangendo comm’a nu criaturo ne feci pezze e pezzolle.

    Per il momento il racconto del mio incontro col colore arancione -cocozza si ferma qui, un pò perchè mi sono scocciato e un poò perchè devo andare a giocare fuori in strada con i miei cumpagnielli Totore ‘o Stuorto, Giggino ‘o Scemo, Tonino ‘o Puricchiuso, Franco ‘a Purpetta.

    Dobbiamo procurarci patate e pezzi di legno e andare nel palazzo sgarrupato degli spiritilli per accendere il fuoco, mettere le patate dentro e ognuno deve racconatre un cunto di paura che ha sentito o che ha vissuto o sognato dint’o scuro.

  10. anna

    Compro le arance da Ignazio, che viene dalla Sicilia e le ha arancione arancione come piace a te. In più, se vai da Ignazio, pur di non doverne buttare, te ne carica in macchina altre due – tre cassette gratis, con la scusa che sei una gran brava signora e gentile come te non se ne trova un`altra (motivo: sei l`unica a leggere le sue poesie). TREMO al pensiero che Ignazio cominci a commerciare in anfore.

  11. ipofrigio

    “Dai, le anfore, che bello, ne ho sempre desiderata una.” Secondo me c’è qualcosa sotto.

    Eh! Come te, sulle anfore, la pensa Jonathan Lethem che ci ha scritto un romanzo, Chronic City, bello e molto divertente.

  12. Alessandro

    Dai. Guarda caso, me l’han passato ieri. Probabilmente non è una coincidenza. Devo chiedere.

  13. Lucia

    Secondo me anche. E vale anche per i tappeti, quelli che vendono per strada e che quando li compri sono tutti grigi di smog e pietruzze.

  14. astrid

    anni fa, quando si andava nella rep. ceca, lungo la strada vendevano i nanetti da giardino. i primi li trovavi subito dopo il confine, appena usciti dall’austria ed entrati in rep. ceca, come se li avessero messi in bella mostra per attirare la gente fin lì. poi ti addentravi nelle campagne della boemia del sud e ogni tanto trovavi altri camion, altre bancarelle, tutti coi nani da giardino.
    e io mi chiedevo se magari quando c’era il comunismo forse i nani da giardino eran proibiti, che favoloso sogno doveva essere per i cechi possedere dei nani da giardino, per poi avere tutti quei nani a ogni angolo di strada.
    ed è un bel sogno, sognare i nani da giardino? forse sì, visto che poi lo han potuto realizzare.

  15. eduardo

    Che ti devo dire…?
    A me mi stai simpatico!

  16. eduardo

    (e perché non funziona l’accattiemmeelle che avrebbe dovuto sottolineare il mi?) 🙁

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