A volte leggo dei libri, li comincio, e poco dopo che li ho iniziati, qualche pagina dopo, succede qualcosa. Poi guardo dei film, non hai il tempo di acclimatarti al fatto che stai guardando un film, ed ecco che succede qualcosa. Hanno una fortuna questi qua che fanno quei libri e quei film, io non lo so, non me ne capacito, o son lì a scrivere magari da trent’anni, magari trent’anni di vita barbosa in cui al protagonista non succede niente e poi tac, succede qualcosa, e allora a posteriori isolano quel frammento da raccontare, oppure c’è una troupe cinematografica che son anni che riprende il protagonista e poi taglian via tutte le parti barbose, altrimenti io non riesco a capire, non riesco a capire com’è, che come per coincidenza, apri dei libri, cominci dei film, e tac, subito gli succede qualcosa. Secondo me c’è qualcosa di marcio.
C’è del marcio in libreria.
Poi venitevi a lamentarvi degli stati nordici, venite.
Devo farti parlare con Hitchcock Alfred fu William.
Il problema è serio; il tempo è mutamento solo nella dimensione narrativa? Ma il tempo esiste anche nella dimensione percepibile di ogni mondo reale? Perciò, gli accadimenti narrativi sono del tutto reali in quanto percepibili? E quelli percepiti nel mondo reale sono illusori?…Si potrebbe speculare a lungo, all’infinito, su tutto ciò, includendo la variabile della fenomenologia del fatto scritto o rappresentato; la verità è che i narratori sono degli invasati e utilizzano la memoria in modo perverso e, deformando il tempo in modo irreversibile, condizionano la realtà percepibile. Su queste ovvietà si basa la coscienza dei più piccini, beati loro…
Non ricordo chi lo disse, ma il cinema E’ la vita senza le parti noiose.
Oramai é tutto un copia e incolla.
dovresti buttarti sulla letteratura russa, allora.
Sei sicuro?!?!
Prova a leggere (o anche a guardare il film):
“Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati.
Poi mi racconti!!!
c’è del marcio in danimarca…
Oddioooo! Anch’io ci penso sempre! Uguale uguale a te proprio!
Cavoli, è pazzesco come trovi sempre le parole giuste per dire certe cose.
Mi ricordo quando lessi l’isola d’arturo della Morante. Qualcosa accadde dopo 2-300 pagine.
Ho letto di quando parli della difficolta’ di scrivere quando non ti viene niente da scrivere… Che ne dici allora di un progetto di narrativa on demand?!!! Noi ti proponiamo una tema… e tu ce lo racconti. Se hai ancora gli occhi dentro le orbite, allora 🙂 il tema che ti propongo e’ il “ritmo”. Il ritmo temporale, spaziale, i rapporti armonici, l’accelerazione, la percezione del tempo, il bisogno della musica, la scansione, il ritmo stesso dei tuoi versi quando scrivi del ritmo… il ritmo come ti pare. Se vuoi, lunghezza esatta 1000 parole (che sara’ poi il titolo del libro – che raccogliera’ vari temi). Tic tac non vale!
🙂
Non c’è più rispetto manco per la tecnica ‘in medias res’ =)
E’ un inizio d’anno difficile per tutti.
Woody Allen ha fatto diventare un insegnante di Tennis un top manager in una settimana, cosa da tutti i giorni.
May, l’ho fatto e trovo che il libro sia anche più eccitante del film…
Io il film non l’ho visto, ma devo dire che il libro, l’ho letto recentemente, mi ha tenuto incollato alle pagine come pochi. È strano a dirsi, e mi fa strano anche a leggermi dirlo, ma è così.
Comunque, LorenZo, che mi hai chiesto quella cosa sul ritmo, sappi che mi hai rovinato la giornata. Cioè, mille parole di post son difficilissime da scrivere in un quarto d’ora, quindi mi sa che oggi, che è il giorno dopo rispetto a questo post, non riesco a pubblicare niente, perché un quarto d’ora lo trovo, ma il tempo di trovare il tempo di scrivere una cosa a tema di mille parole non so se ce la faccio. Uno lavora, poi, alla fine.
suggerisco visione film “riprendimi”
è la scuola americana, la sceneggiatura a tavolino con le 52 carte – una per scena – che predicava Syd Field – mica le improvvisazioni canovacesche dei nostri mostri sacri.
c’è successo al botteghino, spesso, ma c’è del marcio nel meccanismo creativo, che infatti quella cosa là che dicevi tu, secondo me mica per caso si chiama PLOT POINT, che infatti di solito lo sceneggiatore ne fa cadere un paio nella tazza: uno dopo dieci minuti dall’inizio e uno verso la fine.
poi se non è proprio stitico, magari ne molla un altro paio, così, lungo la strada, per colorire il paesaggio.
Una volta un amico ci ha fatto giocare una “one-shot” di Dungeons & Dragons. Arriviamo nel classico villaggio delle ambientazioni fantasy in cui normalmente non succede mai un cazzo e gli abitanti, appena ci vedono, si mettono le mani nei capelli e urlano: “NOOO! Arrivano i PG!”.
Leggiti Carver (che poi non li ha scritti mica lui e lo sappiamo tutti). Nella maggior parte dei casi, non succede una mazza.