Qui piove, ma oggi no.
È uno di quei giorni che ogni tanto arrivano, tra una pioggia e l’altra, ma son rari. Qui piove sempre, da quando non nevica. Qualcuno mi ha detto che è la rivincita delle mezze stagioni contro il modo di dire. Qualcuno dice che ottobre non finisce mai.
In Sicilia invece un sabato di maggio c’è bel tempo, c’è il sole, a Trapani c’è l’Egitto, ma più caldo. Poi si alza il vento, e ti viene da aprire le braccia e godertelo. Lo fai.
Alla biglietteria del pullman sentirai il tuo primo minchia siciliano, nella tua testa lo chiami il battesimo del minchia, cerchi di segnartelo, venticinque maggio duemilatredici, il battesimo del minchia. Il primo autentico minchia siciliano, è da conservare, ti dici, come il primo decino guadagnato.
Hai tempo, decidi che ti va un caffè e dell’acqua, fai la coda alla cassa, e quando è il tuo turno la cassiera ti guarda, e poi, interrogativa, alza il mento. Capisci dopo un attimo che è un Buongiorno, che cosa desidera? ma più laconico, e quando andrai al bancone e la barista farà lo stesso gesto tu lo capirai subito, e quando sarai a Palermo, a incontrare le persone che devi incontrare, farai notare il minimalismo espressivo, e loro ti diranno che più che un Buongiorno, che cosa desidera? è un Che minchia vuoi?
In pullman mi guardo intorno, ti par di capire che la Sicilia sia molto beige. A maggio c’è anche molto verde, ma c’è una sorta di beige di sottofondo che incombe, e che si cerca di tenere a bada finché si può. Nel Paese dell’Arcobaleno, ti viene in mente da chissà dove, Iridella lottava contro il grigio.
Ti arriva un messaggio da tuo padre, che è a riposo forzato per un paio di giorni. Dice: È uscito il sole e io no.
Ti addormenti un po’, e ti risvegli che il pullman sta passando a Capaci, che è un posto che conosci perché son successe delle cose, e solo in quel momento ti accorgi che è un posto vero, che esiste, non una foto di una strada, con dei cartelli, e delle macchine, e delle persone di cui ancora ti ricordi. Tutto l’addormentamento ti passa, e guardi dal finestrino e pensi: Capaci.
A Palermo c’è Caterina che ti aspetta alla fermata del pullman, ti porta in vespa, e pensi subito che sarà un’esperienza da ricordare, girare in vespa come passeggero per le strade di Palermo, e invece no. Una roba normale. A Palermo, ti è sembrato, quando attraversi sulle strisce le macchine si fermano. Ti dicono: Devi solo ostentare sicurezza.
Non hai tempo di vedere Palermo, non hai tempo di salutare nessuna delle persone che a Palermo conosci, «Che bello che vai nei posti e vedi le robe», ti dicono sempre tutti. E invece non vedi mai niente.
La mattina a colazione ti fai portare in pasticceria. La pasticceria siciliana, ti dicono, è famosa. Ti convincono a assaggiare un dolce che è una specie di krapfen della dimensione di un melone, ripieno di ricotta dolce. Non fanno molta fatica a convincerti. Quando, dopo che l’hai finito, ti dicono che solo un nordico può mangiare una cosa del genere rimani interdetto. Ti dici: saranno le famose contraddizioni del mezzogiorno.
Ho deciso che io in Sicilia ci torno.