un blog che parla di niente

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I carabinieri e io

Che poi non so mica cosa c’ho. È la seconda volta quest’anno. Succede che andando in macchina vedo da lontano la macchina dei carabinieri parcheggiata in uno spiazzo sulla destra, e man mano che m’avvicino noto che uno dei carabinieri viene verso la strada fin verso il ciglio, e quando ci arrivo accosto, penso che mi voglia fermare, mi fermo e lui mi fa segno che non mi voleva mica fermare. Chissà che problemi ho.

Crema per le mani

Son sempre qui a chiedermi cosa succede se la crema per le mani me la metto anche sulla faccia. Sulla confezione non c’è scritto, però c’è scritto crema per le mani, proprio specificato: per le mani. E se uno se la mette sulla faccia? Io non son mica abituato a mettermi la crema per le mani, e se ne metto troppa, quella residua, dove la metto? Potrei metterla sulla faccia, ma poi cosa succede? Non c’è scritto.

Vantarsi

Deve essere difficile fare il presidente degli Stati Uniti, però vuoi mettere, magari vai a una cena con gente che non vedi dai tempi della scuola, e tu cosa fai, faccio il commerciante di stufe a pellet, e tu cosa fai, faccio il carabiniere, e tu cosa fai, faccio il presidente degli Stati Uniti.

È quasi il duemilaquindici e siamo saltati su una cometa

Ci sono tante cose che si possono fare quando è quasi il duemilaquindici, si potrebbe andare allo zoo comunale, ma lo zoo comunale non c’è più, c’era quando ero piccolo, c’era l’orso bruno che, mi ricordo, si chiamava Mirco, poi il resto non mi ricordo, che comunque poi l’han chiuso, adesso ci son dei giardinetti, che se guardi bene sono anche vietati ai cani, anche tenuti al guinzaglio: che estremismi, porca di una miseria, prima c’era uno zoo, e adesso non possono entrare neanche i cani al guinzaglio, io non capisco gli umani alle soglie del 2015 come facciano a essere così, non so neanche che parola usare. Poi io e Boris (è il mio cane, si chiama Boris) ci andiamo lo stesso, delle volte, la mattina presto; una volta ci ha visto anche un vigile, ma non ci ha detto niente, era lì che era occupato a svegliare i clochard (dev’essere il servizio sveglia in camera, che sciccheria) e ha fatto finta di niente. E intanto siamo andati sopra una cometa, il 12 novembre 2014, alle soglie del 2015, e allo zoo comunale non ci possiamo più andare. Volevo scrivere una cosa sulla cometa, e poi ho scritto dello zoo comunale. Vedi te a volte la testa.

Un lampo

Ieri sera, saranno state le sette meno un quarto, c’è stato un lampo, ma un lampo di quelli che per un attimo è stato giorno, e io, io ero lì in macchina che guidavo nella campagna, in mezzo agli alberi e ai campi, ho visto dov’ero. Un momento era buio pesto, un momento dopo era giorno, ma un giorno malato, di una luce inconsueta, una luce di rosa, di viola e di blu. Son quegli attimi che ti lasciano stranito, quegli attimi in cui vedi il mondo come se non lo avessi mai visto prima, ma son attimi che duran poco, perché subito dopo era di nuovo buio pesto, e io a pensare che se ci fosse stata l’ora legale sarebbe stato giorno comunque, e niente, ho pensato, è novembre, va così.

Discorso molto breve sui cani e sulla letteratura

Il mio cane (ho un cane, si chiama Boris), dopo che ha fatto la pipì contro un albero, o contro un palo, si allontana un attimo, poi torna sui suoi passi, va a annusare la sua pipì, è interessatissimo, a vederlo sembra un autore che legge un libro, dice porca miseria come è ben fatto questo libro, come è bello, che genio questo autore qua, e poi si accorge che l’ha scritto lui.

Come il primo giorno

È un momento un po’ difficile, cose che si accumulano, cose che saltano, cose che succedono anche se non dovrebbero succedere, e allora cosa fai, torni dai vecchi amici che magari in tempi migliori hai abbandonato, e i vecchi amici, cosa fanno? fanno come fanno i vecchi amici, ti accolgono, come se vi foste visti ieri, come se non fossi mai andato via. Erano mesi che non scrivevo sul blog, ed eccomi qui, lui mi vuole ancora bene, perché lo sa, che anche se sono fuori, sono in giro, sono concentrato su mille altre cose, anche io gli voglio ancora bene, come il primo giorno. Forse di più.

Nuvole

Ieri pomeriggio, sul tardi, verso sera, mi son messo lì a guardare i miei pensieri. Stavo lì a guardarli che passavano, come si guardano i calzini che girano nella lavatrice. Vanno di qua, vanno di là, girano, si rimescolano. Qualcuno arriva in primo piano, poi sparisce dietro, un altro appare, poi scompare, e chissà dove va. Ce n’era uno che si preoccupava per cosa dovevo fare oggi, un altro che si chiedeva se quella cosa, al lavoro, l’avevo poi veramente risolta, un altro che voleva andare a mangiare delle nocciole, e che magari se ci fosse stato anche del cioccolato fondente non gli avrebbe fatto schifo, un altro a cui è venuta in mente una vecchia pubblicità che davano alla tele quando ero piccolo. E poi c’era un altro che a guardarlo sembrava un po’ alla faccia di Topolino, con quelle sue orecchie, poi dopo un po’ si è trasformato in una capretta che beveva.
Poi è piovuto.

Non scrivere niente

Non scrivere, subito subito, sembra difficilissimo. C’era un periodo in cui scrivevo tutti i giorni, e se qualche giorno non scrivevo, in qualche modo quella giornata lì mi pareva una giornata sprecata. Anche se magari avevo fatto tantissime cose quel giorno lì, se non avevo scritto neanche due righe, mi dicevo, cosa ho fatto per me stesso oggi? E niente, mi sembrava di non avere fatto niente. Così un bel giorno mi son detto, che se scrivere deve diventare un lavoro, meglio non farlo del tutto, solo che, c’è questo problema, che se sei abituato a scrivere poi mettersi a non scrivere è difficilissimo. Quel giorno lì, mi son detto, Oggi non scrivo, ma non nel senso che non trovo il tempo, che non trovo l’ispirazione, o chissà quale scusa: mi son messo lì al computer e mi son detto, adesso non scrivo per almeno dieci minuti. In quel momento lì mi sembravano i dieci minuti più lunghi della mia vita. Un minuto che non scrivevo, due minuti, stavo sempre lì a guardare l’orologio, non passava più. Mi venivano in mente tante cose da scrivere, tanti di quei pensieri che sarebbe stato carino metter per scritto, ma no, dovevo resistere, come Vittorio Alfieri. Però all’incontrario.
Poi son passati, i dieci minuti, mi son sentito soddisfatto, mi dicevo, Oggi non ho scritto dieci minuti.
Poi il giorno dopo è stato più facile, il giorno dopo ancora più facile, poi mi son detto, Adesso aumentiamo, venti minuti!
Arrivavo a sera e mi dicevo, Cazzarola, sei figo, Bonino, oggi sei riuscito a non scrivere mezz’ora intera!
E poi un’ora, e poi di più.
Adesso son diventato un maestro. Non scrivere è la mia seconda natura.
Ora ho in progetto una maratona di non scrittura, 24 ore, che stai lì, a non scrivere. Poi magari ci faccio un libro.

Chissà quale viaggio cosmico

Appesi alla recinzione di rivendite di pellet e laterizi c’erano le uova di pasqua che l’associazione dei commercianti del paese aveva fatto mettere; solo che era piovuto, e pasqua era passata, e le uova di pasqua, probabilmente ripiene di polistirolo e ricoperte di carta colorata, erano un po’ stinte, scolorite: da rosse, gialle, verdi, arancioni, rosa e blu che probabilmente erano state, stavano tendendo tutte allo stesso colore, uno spiacevole color entropia, che è tipo il color caffelatte ma con un nome molto più, come si dice, cool.

C’era la mia macchina, la stavo andando a prendere, c’era la mia macchina dal gommista, ma quando sono arrivato era ancora lì su, sul ponte, senza ruote, e a vederla da lontano era un sogno d’infanzia, una navicella spaziale sospesa nel vuoto, tutta bombata e senza ruote, pronta a partire per chissà quale viaggio cosmico.

E io ero lì, con la mia borsa pesante, che ero appena saltato con tutti e due i piedi in una pozzanghera.

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