un blog che parla di niente

Arte come mestiere

Stamattina ero sul treno (per inciso, in questi giorni parto alle 6,30 e torno alle 21,00, scusate se trascuro un pochino questo luogo) e leggevo Arte come mestiere di Bruno Munari. Questo passo mi ha colpito.

Si rende oggi necessaria un’opera di demolizione del mito dell’artista-divo che produce soltanto capolavori per le persone più intelligenti. […] è necessario oggi, in una civiltà che sta diventando di massa, che l’artista scenda dal suo piedistallo e si degni di progettare l’insegna del macellaio (se la sa fare). è necessario che l’artista abbandoni ogni aspetto romantico e diventi un uomo attivo fra gli altri uomini, informato sulle tecniche attuali, sui materiali e sui metodi di lavoro e, senza abbandonare il suo innato senso estetico, risponda con umiltà e competenza alle domande che il prossimo gli può rivolgere.
Il designer ristabilisce oggi il contatto, da tempo perduto, tra arte e pubblico, tra arte intesa in senso vivo e pubblico vivo. Non più il quadro per il salotto ma l’elettrodomestico per la cucina. Non ci deve essere un’arte staccata dalla vita: cose belle da guardare e cose brutte da usare. Se quello che usiamo ogni giorno è fatto con arte (non a caso o a capriccio) non avremo niente da nascondere.

Mi è venuto in mente che questa cosa può aver qualcosa a che fare col bloggare, ma adesso non sono più sicuro di ricordarmi che cosa.

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22 Comments

  1. giarina

    quindi devo dipingere una lavatrice senza darmi delle arie?

  2. Stephen

    E ha molto a che fare con il copyleft, a mio vedere; con l’idea che il prodotto artistico sia qualcosa che va nel mondo, non qualcosa che guarda il mondo dall’alto di non si sa dove.

  3. vic

    Ho capito: invece di scrivere sul blog devo attaccare dei post-it al frigorifero.

    (cosa che peraltro già facevo inconsapevole delle implicazioni, per quanto sia un avido lettore di Munari)

  4. vincenzillo

    citazione stupenda, ripeto stu-pen-da.
    L’artista e l’uomo di cultura con il loro lavoro devono parlare con la gente, alla gente, per la gente, e non per la ristretta cerchia dei puzzoni snob loro amici.
    Non so dire se la via indicata da Munari è quella giusta (anche perché i designer sono degli snob puzzoni pure loro).
    Per me va bene anche se si trovano modi diversi, (uno può essere un blog, ma anche più tradizionali): a quel punto potrei anche accettare volentieri di avere una lavatrice qualunque, una forchetta qualunque.

  5. zycron

    Sinceramente penso che molti artisti progetterebbero anche insegne di macellai, ma che pochi macellai si rivolgano agli artisti per progettare le loro insegne.

  6. notedibordo

    Io sono pienamente d’accordo con Bruno Munari: l’arte deve essere in grado di comunicare con le persone. Oggi lo può essere attraverso il design, le parole, la musica, la contaminazione tra i linguaggi. Nel passato l’arte comunicava con strumenti differenti. In qualche modo quella descritta da Munari è un’arte “educativa”, che non è distaccata dalle persone, ma le interroga e le fa crescere, anche attraverso un approccio giocoso, talvolta (ok, troppe virgole, ma mi sono infervorata, mi hai tirato fuori Munari! :-)).

  7. zycron

    non so, insisto. il mestiere dell’artista è comunicare anche quando fa un quadro “da salotto”. Chi ha voglia di essere interrogato e di crescere troverà il modo in ogni caso, chi non ha voglia non crescerà nè si interrogherà comunque.
    Personalmente odio gli oggetti di design, li trovo generalmente brutti e poco funzionali.

  8. notedibordo

    Il quadro da salotto, secondo me, oggi non dovrebbe esistere più… 🙂

  9. egine

    è il cane che si morde la coda, Munari
    disegna e Wharol lo trasforma in quadro
    da salotto (si fa per dire)

  10. zycron

    probabilmente non intendiamo la stessa cosa, note di bordo. ad esempio io nel mio salotto ho due stampe di klee, non penso però che quando ha dipinto quei quadri lui stesse pensando al salotto di nessuno, nè ad un’arte educativa. Così immagino che un artista contemporaneo debba pensare solo a fare la sua ricerca con i mezzi di cui ha bisogno per portarla avanti, senza preoccuparsi di finire in salotto, in cucina o sull’insegna di un macellaio 🙂

  11. ste

    C’entra molta con l’agricultura anche: Trasformare tutto il paesaggio in un opera d’arte invece di renderla una specie di capannone all’ aperto che produce “cibo” invece di bulloni. Scusa, sogno a a volte.

  12. Sw4n

    Capiscimi amico… sempre se vuoi, ovvio… 😉

  13. IlaLuna84

    io invece credo che abbia a che fare con la vita di tutti i giorni! 🙂

  14. seia

    Come non dovrebbe esistere più il quadro da salotto? Io darei qualsiasi cosa per un paesaggio innevato di Sisley in salotto sul divano. E poi senza quadri in salotto con cosa si coprono le crepe? 🙂

  15. notedibordo

    zycron, sottoscrivo quanto dici. Credo che in realtà siamo d’accordo, forse con la stessa parola abbiamo espresso cose diverse: anch’io credo che l’arte non debba essere finalizzata necessariamente per essere educativa, ad esempio. Volevo dire che l’arte non può essere nemmeno finalizzata “al salotto”, forse ho capito male, ecco il punto fuorviante 🙁 Premesso ciò, credo che il design come lo intende Munari possa anche migliorare la vita e renderla pù bella. E sono incantata dal sogno di Ste. Ciao eìo, buonanotte… 🙂

  16. eìo

    mah, così, per rispondere un po’ a tutti, non significa che gli oggetti di design siano compresi in questa visione: spesso e volentieri si tratta soltanto di styling e non di design vero e proprio e penso che sia allo styling che zycron si riferisce. L’arte nella vita quotidiana significa pensare a perché le cose sono fatte come sono fatte, e pensare a come potrebbero esser fatte meglio. Poi esiste un’arte decorativa, che serve a farci sentire meglio nei posti dove viviamo, etc…
    Metaforicamente parlando, son davvero d’accordo sia con Stephen che con Ste (vi siete mica messi d’accordo,eh?).
    Puff, vado a dormire 🙂

  17. nicogio

    Ma, mi sembra un pò la scoperta dell’acqua calda. I migliori artisti di tutti i tempi erano in primo luogo abilissimi “artigiani”, profondi conoscitori della materia. Gente che si sporcava le mani. Purtorppo, gli artistoidi di oggi pensano solo al guadagno facile e sono futili, maledettamente futili. Per restare all’arte applicata al quotidiano a me manca tanto Gaudì, i suoi palazzi, le sue sedie, i suoi cancelli (e forse anche le sue insegne). Certo sarebbe molto bella l’insegna della macelleria “i tre porcellini” disegnata da Philippe Stark. Darebbe più colore alla mia periferia.

  18. Renzi

    Trovo questo libro un poco costretto nel voler obbligatoriamente scindere due tipi di arte che non possono essere unite per le diverse finalità. Un quadro è un quadro e la finalità è quella di essere appeso, una sedia serve per sedersi, se è comoda e bella meglio.

  19. Toka.Design

    Ragazzi tornando al quadro da solotto x me è una cosa orrenda pensate alle case giapponesi di campagna che come quadro hanno quella immensa porta scorrevole che si apre sul giardino e a ogni stagione hanno un quadro differente. quella si che si può definire arte funzionale. mi spiace x chi nn ha capito il libro o nn lo ha voluto capire(xchè forse è un pittore da strapazzo?) bè i libri di MUNARI sono delle opere d’arte uniche xchè l’unico al mondo anzi scusate il primo a scrivere ciò che pensava(tutto giusto xaltro)sulle differenze di queste due figure. il designer è il vero artista!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  20. andrea

    salve ragazzi io cercio questo libro xo nn lo voglio comprare chi di voi gentilmente puo scannerizzarmelo e inviarmelo per email????oppure vi pago la spedizione?????
    attendo vostra risp grazie mille a tutti

  21. peter_con la minuscola

    L’arte è arte. E’, secondo me, seguire un’ispirazione. Un’illuminazione (Divina) o un’oscurazione (diabolica), dipende da chi è l’ispiratore.
    Più sopra qualcuno ha detto (scusate, non ricordo chi) che un pittore quando ha davanti una tela bianca a cui, pian piano, da vita non sta lì a pensare chi se lo mette in salotto o magari se capita tra le mani di un poveraccio che se lo appende nello sgabuzzino (poveraccio tra virgolette).
    Lui -l’artista- crea ed è, suppongo, felice.
    Io quando (nel mio piccolo) faccio qualcosa di…artistico sono felice di farlo.
    Non pretendo, nè voglio, educare nessuno. Voglio solo “far sbocciare ciò che sento attraverso forme, colori, linee, suoni, parole”. Insomma attraverso l’arte.
    E’ qualcosa che parte da dentro e viene realizzato. Che poi piaccia, insegni, educhi è soggettivo.
    E’ bello creare.

    Scusate se è poco.

  22. Andrea

    salve ragazzi io cercio questo libro xo nn lo voglio comprare chi di voi gentilmente puo scannerizzarmelo e inviarmelo per email????oppure vi pago la spedizione?????
    attendo vostra risp grazie mille a tutti

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